Westworld – Il mondo dei robot

Quello di cui andiamo a parlare oggi non è propriamente un film sulla cresta dell’onda, anzi, se non fosse stata per una di quelle coincidenze con cui spesso e volentieri qui a “Total Rekall” facciamo un approfondimento (a breve spiegherò cos’ha a che fare la pellicola anche con il nome del sito), non sarebbe bastato il passaggio nei vari canali televisivi a permetterci di vederlo, dal momento che in TV da anni questo film latita.

Definita da qualcuno una “pellicola di serie B” (avercene di b-movies diretti da Michael Crichton), una prova “minore” di Yul Brynner, ha sì qualche aspetto da film a basso costo, una certa sbrigatività con cui si sviluppa la storia in particolare, qualche dialogo imbarazzante tra gli scienziati, i set, col pretesto di essere in villaggi-divertimento, sono inequivocabilente all’interno degli Studios di Hollywood.

Però appena parte lo sviluppo degli eventi, e in forma ancora maggiore mentre si sviluppa, si ha la netta sensazione di avere a che fare col “papà” di tutti i successivi successi sci-fi degli anni ’80!

La trama è molto semplice: una coppia di amici, impersonata da James Brolin (padre del più noto Josh) e Richard Benjamin, parte alla volta di un viaggio “artificiale” all’interno di tre mondi possibili, organizzati da una società denominata “Delos”, dal nome dell’isola greca di Delo. Questi tre mondi possibili sono l’antica Roma, dedicata più a clienti che cercano esperienze edonistiche, il medioevo, per chi ama più aspetti di costume e cavallereschi e il west del 1880, per chi è alla ricerca di una vacanza più avventurosa a base di duelli a colpi di pistola, come i due protagonisti.

Già alla partenza del viaggio, in un futuribile overcraft che porta i turisti in mezzo al deserto americano dove si trovano queste tre realtà, si ha l’impressione che questa idea abbia potuto ispirare persino “Un tranquillo week-end di paura” (Deliverance il titolo originale), e “Atto di forza” (Total Recall), dove nel primo caso l’esperienza distopica, la ricerca di un ritorno al contatto con la natura avviene nella realtà di un’enclave “redneck” americana, mentre con la seconda pellicola menzionata scomodiamo addirittura Philip K. Dick, il maestro della letteratura distopica dove i replicanti si rivoltano contro l’uomo.

Durante lo svolgimento del film, mentre tutto il gruppo di turisti si diverte parecchio e beneficia del fatto di poter approfittare dell’accondiscendenza delle macchine, che devono farsi uccidere o sedurre dai danarosi che hanno potuto accedere a questo servizio piuttosto esclusivo succede qualcosa: che le macchine, riprogrammate da altre macchine iniziano a cambiare comportamento e ad attuare una condivisa violenza rivolta contro l’uomo, che fino ad allora nel cinema era stata considerata solo da Kubrick in “2001, Odissea nello spazio”, quando il computer Hal si rivolta contro il protagonista.

Devo dire di essere arrivato a questo film, come accenavo all’inizio di questo articolo, solo per il fatto di aver scoperto che esistesse una pellicola dallo stesso nome del gruppo inglese che ha prodotto il mitico pezzo “Dreamworld“, perla delle selezioni di Leo Mas alla discoteca Movida di Jesolo. Notando che essa era precedente alla formazione, ho pensato che necessariamente avesse dovuto ispirarne il nome (in effetti l’esperienza straniante che avviene nel film è normale abbia suggestionato i produttori che stavano cercando coi loro pezzi di favorire lo straniamento dei punter nella pista da ballo nel decennio successivo).

Altra coincidenza piuttosto singolare è che sono arrivato a scoprire questo film proprio mentre terminavo un corso con l’MIT di Boston in cui venivano spiegate le opportunità e le problematiche dell’intelligenza artificiale e se ne dibattevano le possibili insidie; pensare a questo punto che ci fossero già dei pensatori come Crichton, come Dick e altri autori ancora precedenti che riflettevano su questi temi cinquant’anni or sono o ancora precedentemente fa sempre rilettere come una ristretta intellighenzia in grado di attingere a certi dati e a soppesarli con lustri di anticipo sulla gente comune.

Se dovessimo fare dei riferimenti a film più recenti, possiamo dire che ce ne sia più di uno che trae certamente ispiraizione da questo, dimostrandone il valore assoluto a discapito di quanto asseriscano i detrattori. Possiamo citare certamente Terminator, per la tematica molto simile (il cyborg a caccia di umani), Predator per certe scene (in quel caso l’extraterrestre ha un sistema di visione mandato in crisi dal camuffamento dell’umano), e appunto come dicevamo, la trama di Atto di Forza è molto similare, con gli umani che vanno alla Rekall a fare viaggi questa volta nel futuro e in altri universi, anzichè negli ambiti storici terrestri proposti dalla Delos.

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