Tempus Fugit

È matematicamente dimostrabile che la concezione del tempo è in stretto rapporto con l’età: per i vecchi il tempo passa più in fretta.

Quando un uomo di 50 anni dice al figlio quindicenne che dovrà aspettare due anni per avere la macchina, quell’intervallo di 739 giorni rappresenta solo il quattro per cento della vita del padre, ma è ben 13 per cento di quella del figlio. Non deve quindi stupire se al ragazzo l’attesa sembra tre o quattro volte più lunga che al padre. Così pure, due ore nella vita di una bambina di quattro anni possono essere equiparate a 12 ore nella vita della sua mamma. Chiedere alla bambina di aspettare due ore una caramella è come chiedere alla mamma di aspettare 14 ore per bere un caffè. (da Future Shock; citato in Selezione dal Reader’s Digest, giugno 1973). Alvin Toffler.

Questo è uno dei passaggi esplicativi del perché per la comprensione di alcuni eventi dobbiamo attendere del tempo in cui alcuni nostri riferimenti interni vengano modificati significativamente, di modo che riusciamo a trovarci in una fase in cui ci ricordiamo quello che “vedevamo” una volta e lo possiamo confrontare con ciò che “vediamo” a oggi. Senza questa “esperienza” non è altrimenti possibile la comprensione di alcuni eventi vitali. E’ un po’ un discorso analogo di altre dinamiche cognitive, in cui ci è stato necessario praticare un’esperienza per poterla comprendere, mentre questo non era possibile solamente chiedendo testimonianze ad altri, o tentando di eseguire un esercizio di previsione!

Un pensiero su “Tempus Fugit

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