La realtà che ha avvicinato tutto questo universo delle “nazioni utopiche” alla mia esistenza sono stati sicuramente i centri sociali.
Iniziati a frequentare nella mia adolescenza, furono, assieme alle discoteche di tendenza, i luoghi della mia formazione giovanile. E’ qui che dalla estrema e infima periferia in cui sono nato e cresciuto – non una ipotizzabile di stampo metropolitano, ma una se possibile peggiore provincia montuosa – ho mosso i primi passi verso l’universo artistico/giovanile, per alcuni il luogo di produzione del pensiero libero, per altri pericolosi ‘paradisi artificiali’ o ‘paese dei balocchi’. Ovvio che crescendo in un posto come quello sopra descritto, esclusivamente tra famiglie della working class (proletari avrebbe detto Carlo Marx), quando non tra veri e propri alienati sociali (lumpenproletariat sempre secondo il vocabolario di Karl, o in alternativa redneck o white trash secondo le definizioni più dozzinali degli americani), il bisogno di vedere com’era fatto il mondo e cosa contenesse oltre il mio minimo orizzonte fosse grandissimo, come un immane bisogno di respirare dopo interminabili istanti di soffocamento!
Fu così che con amici che condividevano con me disagio e alienazione iniziammo a ricercare luoghi che potessero rispondere alle nostre esigenze di crescita e partecipazione alla vita e alle sue più affascinanti prospettive. Trovammo le nostre risposte appunto nei club house, dal Movida/Musikò di Jesolo, con il suo relativo after-hour Gilda, per poi proseguire il viaggio in tutta Italia e a Ibiza (ma questa è un’altra storia) e nei centri sociali appunto.
Il primo che ebbi occasione di frequentare fu La Cayenna Autogestita della vicina Feltre, piccolo ma molto attivo centro sociale (vedi questo link ove si vede come agli albori di internet fosse tra i promotori di una rete telematica alternativa) allestito praticamente in una casa del sobborgo di via Fusinato, con al piano terra tanto di ristorante vegetariano che non poteva che chiamarsi “Papillon”!
A seguire tutte le sue derivazioni, causate principalmente dagli spostamenti coatti che sovente accadono a queste realtà, e perciò l’Hangar Zone con le sedi prima di fronte alla stazione F.S. e poi in piazzale della lana:
il Laboratorio biopolitico Desir:
i Magazzini Prensili:
e infine Il Postaz, aperto da metà 2016.
evoluzioni queste che ho frequentato meno assiduamente, in quanto mentre tutta questa storia avveniva, io mi ero oramai spostato alla volta di Bologna, frequentando come sempre sia il filone house club (di cui vi racconterò), sia i centri sociali della città, che erano il Teatro polivalente occupato, il Livello 57, Il Covo (dove in una nottata memorabile per la sfortuna dovetti ripiegare su David Grubbs, dopo aver preso atto che a Firenze i Motorhead non sarebbero venuti!!) e il Link, quello che frequentai di più per via della qualità dei concerti, che assieme all’Estragon (quest’ultimo era ed è ancora solo un locale di musica dal vivo) erano i luoghi dove passavano gli artisti indie che contavano nel panorama internazionale! Perciò non solo reggae o musica più comunemente vicina a quegli ambienti (come invece accadeva al Rivolta di Marghera), ma concerti di culto che ricordo ancora molto vividamente, tra tutti i Pere Ubu, i Suicide del compianto Alan Vega e i Royal Trux.
Fu in questi luoghi che vidi a vent’anni o giù di lì quello strano popolo che là dentro era pefettamente a suo agio, ma fuori di queste isole era inimmaginabile in qualsiasi ambiente della città. Un mondo parallelo, quasi inesistente dove vivevo io, che coltivava queste ideologie apparentemente in totale disinteresse per quello che accadeva là fuori…
Un’esperienza che è stata la mia fuoriuscita dal ‘piccolo mondo antico’ rappresentato dal mio villaggio valligiano!!
P.s.: come anticipato dal titolo, questo articolo non ha alcuna pretesa di esaustività, andrebbero citati moltissime realtà a livello nazionale, tutte senz’altro degne di nota. Io mi sono limitato a parlarvi di quelle che ho conosciuto direttamente, ma ovviamente ce ne sono di altre ancora attive per chi oggi volesse approcciarle, tra esse eccone alcune meritevoli senz’altro di menzione:
P.p.s.: La papera stilizzata che si vede nell’immagine in evidenza è Pea Brain, carattere ideato dal duo di artisti bolognesi Monica Cuoghi e Claudio Corsello, che fanno coppia oltre che nella vita privata anche nell’attività artistica. Nella città felsinea i caratteri visibili nelle immagini si presentano alla vista dei passeggeri dei treni che arrivano dal nord, e hanno accompagnato chi scrive all’arrivo e alla partenza nei lunghi anni di peregrinazione dalla propria terra periferica verso la capitale musicale italiana.
Da leggere in merito: https://bolognaunavolta.wordpress.com/2009/03/02/pea-brain/
Per concludere, scusate il gioco di parole, ci sembra giusto includere questo recente documentario sulla materia trattata in questo articolo, o forse più su tutto quanto trattiamo nel tumblelog:
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